lunedì 13 ottobre 2008
L'uomo che visse due volte
Il video di oggi è dedicato a un bizzarro personaggio che dopo aver segnato gol del genere e dopo aver fatto scatenare le aste del fantacalcio di un quinquiennio fa alla sua chiamata, oggi è (giustamente) senza squadra nella nostra lega.
La vita è strana. L' uomo che visse due volte, la prima come Eriberto e la seconda come Luciano, da quando ha ritrovato se stesso ha perso la sua identità calcistica. «Io non credo né al destino né alla scaramanzia. Sono felice che tutti ora mi conoscano con il mio vero nome e non posso negare che sia un momento negativo della mia carriera. Ma non mi manca niente per tornare a giocare alla grande». Si faceva chiamare Eriberto, aveva quattro anni in meno e trottava sulla fascia come nemmeno Varenne all' Amérique insieme al suo gemello Manfredini (anche lui non si è più ripetuto a quei livelli). 35 partite e 4 gol in B, una promozione conquistata prendendosi il Chievo sulle spalle e correndo, correndo, correndo: 30 partite e 4 reti in A nella stagione delle meraviglie, dei pandorini dei record, di mastro Del Neri conteso dalle grandi. Il suo segreto, l' identità falsa, era al sicuro. Protetto dalla grana spessa della sua vergogna e dall' omertà di Rio Bonito, il paese a un' ora d' auto da Rio de Janeiro dove la Grande Bugia era nata. Un Coleman Silk, lo straordinario personaggio di Philiph Roth, sudamericano e un po' più leggero: la macchia, in questo caso, riguardava «solo» nome, cognome e data di nascita. Ma il prezzo da pagare era comunque altissimo: due feste di compleanno, quella vera e quella finta («Per anni mi sono fatto gli auguri da solo»), il batticuore a ogni controllo doganale («Io e il mio segreto, marchiato sul passaporto: vivevo come un ricercato»), una vita di menzogne («Non potevo comprare una casa, una macchina, niente. Aspettavo un figlio e non potevo dargli il mio nome. Pensavo al futuro e lo vedevo brutto»). Bugie alla fidanzata Raquel, ai compagni, allo specchio. «Non avevo più nemmeno il coraggio di guardarmi in faccia». Da bambino, orfano di mamma Lineti e papà Niuto, cinque fratelli e un mestiere da inventare, si era fidato di un certo Moreno: «Ragazzino, dai retta a me. Hai le qualità per sfondare come calciatore ma sei troppo grande. Devi abbassarti l' età e cambiare nome. Penso a tutto io. Non ti preoccupare: in Brasile lo fanno tutti». Il Fu Mattia Eriberto fece il patto col diavolo: rinunciò a se stesso per diventare un grande calciatore. «Ero confuso, la mia famiglia non aveva da mangiare. Avrei fatto di tutto per aiutarla e per realizzare il mio sogno». Palmeiras (250 real al mese, circa 150 euro), Bologna («Mi avevano notato in un torneo a Tolone, mi offrirono un quadriennale da 800 milioni di lire all' anno. Non ci potevo credere...»), Chievo. «Ero felice e disperato insieme. Il peso di un nome che non era il mio stava diventando insostenibile. Avevo sempre un pensiero fisso in testa, un peso che mi chiudeva lo stomaco». Un' estate, in vacanza, porta Raquel a Rio Bonito a conoscere la famiglia. «Lucius, Lucimar, Luis, tutti nomi simili ... - nota lei -. Da dove salta fuori Eriberto?». È troppo. Luciano Siqueira de Oliveira confessa. Cambia i documenti, si riprende i suoi 28 anni, rischia il carcere in Brasile, si becca una squalifica di 8 mesi (poi ridotti a 5) in Italia. E ricomincia a respirare. «Libero. Sereno. Felice di camminare a testa alta e di guardare la gente negli occhi». L' Inter fu la prima squadra del nuovo Luciano. In prestito dal Chievo, l' occasione di una carriera. «Sono arrivato a Milano pieno di entusiasmo, di certo non mi aspettavo che l' avventura finisse così presto. Non parlerei di fallimento, ma di delusione sì». Una stagione travagliata per i neroazzurri, dal 4-4-2 di Cuper al 3-4-3 di Zaccheroni. «Per me non c' era spazio: di occasioni per dimostrare quanto vale Luciano ne ho avute davvero poche». Sei, per la precisione: 4 in campionato (espulso con l' Udinese, 65' con Modena e Siena, 15' con la Samp), 2 in Coppa Italia (Reggina). È tornato a casa, a Verona, con una gran voglia di rivincita. «Ma non mi pento di tutto ciò che ho fatto. Ero disperato: avevo bisogno di aiutare i miei cari».
Luciano ora fa di nuovo l' ala destra del Chievo. Eriberto, quello vero, continua a fare il contadino a Rio Bonito.
Ma dato che "in Brasile lo fanno tutti", secondo voi quanti anni aveva Rivaldo quando è arrivato al Milan??
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Vogliamo parlare del gol nel derby Hellas-Chievo??
RispondiEliminaP.S Come fate a mettere le foto nell'intervento?
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
RispondiEliminacopi l'indirizzo a destra del video su youtube e lo incolli nella pagina del nuovo post usando l'html
RispondiEliminaBello questo post. Ottima la scelta hitchcockiana del titolo...vertigo!
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