Ho visto il Festival di Sanremo, l’ho visto tutto, non mi accadeva da anni.
È un Festival di garbata sobrietà e perfino di un indubitabile quanto inattesa partecipazione spirituale. Bonolis è il solito anfitrione, vivace e forbito, e ha intelligentemente smussato quegli esuberi umoristici che così poco si sarebbero accomodati con i cerimoniali della kermesse musicale più prestigiosa della televisione italiana.
Per anni Sanremo ha elargito alle pagine più mediocri del nostrano bla giornalese le controproducenti elucubrazioni sulle percentuali d’ascolto in caduta libera o sulle dispute legate ai cachet dei presentatori e degli ospiti internazionali. E la musica? Sempre più dimenticata o chiosata comunque a margine, soltanto se irrinunciabile cagione per qualche superflua critica di biasimo o per qualche ordinario quanto falso moralismo. Mi piace sperare che lo stesso non accada anche quest’anno, perché la qualità musicale mi sembra, malgrado io sia completamente privo di competenze a riguardo, molto migliorata. Ed è proprio la musica a occupare quasi ogni spazio colmabile: è sublime l’ouverture di Mina che interpreta Nessun dorma (mentre una galleria fotografica omaggia i protagonisti dei vecchi festival e non mancano nemmeno i troppo spesso trascurati Tenco e Endrigo), è così gradita la sorpresa del clarinetto che suona Gershwin e della chitarra che improvvisa Stairway to Heaven mentre Bonolis legge Alda Merini.
E la nota stonata? L’intervento a caldo del Presidente onorario dell’Arcigay Franco Grillini dopo l’esibizione di Povia.
Se mai ce ne fosse bisogno, dico agli omosessuali che sempre combatterò dalla loro parte ogniqualvolta il caso lo renderà necessario in un paese ancora troppo terrorizzato dall’omoerotismo e che –come accade per difettosa consuetudine nei confronti dei “nemici pubblici”- reagisce alle sue paure più ossessive con il deterrente dell’odio, della diffamazione e, in casi fortunatamente circoscritti, della più becera violenza. Credetemi, non siete gli unici a mal sopportare l’insolenza di vescovi e porporati o la preoccupante ignoranza di chi si ostina a discriminarvi: basterebbe poco buon senso come minimo requisito perché ciò non accada (e, se ben guardate, vi accorgerete che chi vi scredita somiglia maggiormente a delle scimmie primati che a degli uomini).
Ma l’intervento di Grillini mi riempie di perplessità.
La canzone di Povia è molto bella: dice che “Luca era gay ma ora sta con lei”. Luca racconta la sua storia: il padre tradisce la moglie e li abbandona dopo la separazione; la madre dice al figlio di non sposarsi mai, è possessiva e morbosa nei confronti delle sue amiche («mia madre mi ha voluto troppo bene, un bene diventato ossessione») e la mente di Luca “sempre più confusa”; Luca cerca le risposte di nascosto e per quattro anni “va con gli uomini” per non tradire sua madre come fece suo padre. Ma ora Luca è un altro uomo e non è più gay perché sta con lei. Mentre un cartello recita che nessuno, in fondo, sa com’è fatto un altro.
Povia è cresciuto: i suoi bambini fanno ancora ooh ma il becco inizia ad andargli un po’ stretto. La terza a Sanremo è all’insegna del disincanto e dell’asprezza (certo, la quota: «volevo chiarire che se credo in Dio non mi riconosco nel pensiero dell’uomo che su questo argomento è diviso» è bellissima), ma la sua canzone non è discriminatoria, non è dissacrante, non è irriguardosa!
Quella di Luca non è la storia della condizione omosessuale tutta, è la storia di Luca e basta («questa è la mia storia solo la mia storia / nessuna malattia nessuna guarigione»)! La storia di una posizione di crescita difficile e disturbata, non di una presunta e disonorevole imputazione di natura deviata.
A fugare ogni dubbio la lezione di Benigni, antecedente all’interpretazione di Povia ma in risposta alle controversie sorte nei giorni che hanno preceduto il festival: l’importante è amare un’altra persona e, nel caso di due persone dello stesso sesso, ogni eventuale persecuzione sarebbe il peggior crimine che un uomo possa ritorcere contro se stesso.
Ma Grillini sembra aver frainteso tutto: prima le camere esitano sulla sua persona mentre applaude con smisurato risalto la lettura di Benigni di una missiva di Wilde al giovane amante, poi lo inquadrano nuovamente mentre esprime uno spettacoloso disappunto al termine della performance di Povia. Poco dopo Bonolis gli concede la parola: Grillini legge l’sms di un amico che ha perso di recente il compagno e che encomia l’apologia di Benigni. Sono parole toccanti che Grillini guasta irrimediabilmente invitando Povia a imparare da questo esempio come si rispettano e come si amano le altre persone: niente di più sconclusionato.
Mi rivolgo ancora agli omosessuali: vi proteggo da sempre dall’amaro pregiudizio e mi è stato sufficiente leggere Tondelli per imparare ad amarvi e a sodalizzare con la vostra “condizione”, le vostre vicissitudini, il vostro estro e la vostra sensibilità.
A tutti gli altri siate voi ad insegnare la padronanza del comune discernimento, la maieutica dell’eguaglianza! Prendeteli per mano e insegnategli a non vergognarsi per così poco. Il muro di gomma, l’immotivato rancore, la scambievole fuorviante avversione e la reciproca diffidenza sarebbero del resto per tutti noi così mortificanti!
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complimenti per l'articolo. E concordo in pieno...
RispondiEliminaperò non mi piace il fatto che un giovane di belle speranze come te guardi il festival di sanremo...